26Mar

Le fat bike sono tra noi. Cosa sono, quando sono nate?

Sapevate che le fat bike sono nate per l’esplorazione negli anni ottanta? Ecco un po’ di storia sulle “grasse”…

La voglia di scoperta insita nella natura umana ha spinto l’uomo a effettuare traversate, viaggi e avventure epiche, prima a piedi, con sci e slitte, poi con biciclette e con altri mille mezzi diversi. A parte i primissimi esperimenti, che risalgono agli anni Trenta (e forse ancora prima), con biciclette “da circo” modificate per ospitare gomme di automobili, indubbiamente pesanti e poco pedalabili, possiamo affermare con certezza che le prime vere fat bike nacquero per necessità: le bici normali non bastavano più, bisognava creare qualcosa per galleggiare sui terreni cedevoli, per dare la possibilità ai biker di accedere a luoghi mai pedalati prima.

Negli anni ’80 infatti, dopo il boom della mountain bike e dopo che le prime mtb “standard” arrivarono nei negozi, si pensò subito a come modificarle per renderle ancora più versatili. Le prime “fattie” videro la luce in due parti opposte del mondo: una ideata per le sabbie del Messico e una per le nevi dell’Alaska. Furono dei prototipi, alcune con ruote composte da due cerchi saldati tra loro (o addirittura tre o quattro ruote accoppiate!), coperture tagliate e ricucite assieme più larghe, il tutto per far sì che la maggior impronta a terra della gomma permettesse di pedalare, a pieno carico e con tutte le attrezzature, dove una bici normale si sarebbe fermata. Simon Rakower, di Fairbanks, Alaska, è considerato come l’inventore di uno dei primi cerchi larghi, da 44 mm, cerchi che poi entrarono in produzione chiamandosiSnowcat rims. Contemporaneamente Ray Molina, del New Mexico, ne ideò uno da 80 mm da installare sui suoi telai modificati per i tour che guidava nel deserto. Nasceva la Remolino, la prima fat bike con gomme da 3,5”.

Nel giro di poco tempo queste bici modificate aprirono un nuovo capitolo per le esplorazioni in tutto il mondo, anche per chi viveva in luoghi coperti dalla neve per la maggior parte dell’anno e si spostava sulle piste create dalle motoslitte. Fu un periodo di sperimentazioni che durò per tutti gli anni Novanta, dove gli inventori e gli appassionati si scambiavano continuamente idee e costruivano prototipi sempre più efficaci, con soluzioni tecniche volte a sopperire i problemi relativi alle dimensioni maggiorate delle gomme, alle temperature rigide e alle necessità di carico di queste bici così particolari.

 Le prime forme di produzione su ampia scala arrivarono più tardi, quando Surly, azienda americana, nel2005 introdusse la prima fat bike completa prodotta su larga scala, la Pugsley. Era bruttina e sgraziata con il suo telaio “storto” (foderi posteriori con molto offset per non avere problemi di interferenza con i copertoni larghi) ma fece breccia nel cuore di molti biker, tra i quali, come vedremo, anche qualche italiano…
In America il settore fat è ormai consolidato, con anche l’introduzione, quest’anno, del primo campionato nazionale di fat bike, oltre a numerosissime gare e manifestazioni. In Italia, a parte qualche eccezione, le gomme sopra i quattro pollici hanno iniziato a “delinearsi all’orizzonte” praticamente l’anno scorso, con un grande boom mediatico che ha visto una fat finire addirittura in una pubblicità televisiva di una famosa compagnia telefonica. Le aziende si sono messe in moto, tutti a seguire il trend delle “ciccione”, e alle ultime fiere di settore ogni marchio aveva il suo modello di bici dalle gomme larghe e larghissime, da fuoriclasse in carbonio da migliaia di euro alle economiche e super economiche (si parla di 400 euro ma in questi casi la qualità lascia molto a desiderare). Con l’arrivo della neve negli ultimi mesi sono sempre più numerose le manifestazioni e gli eventi, come test bike, raduni o gare sulla neve, con protagoniste le tanto bistrattate fat bike; sembra che le località sciistiche abbiano capito che la bici non si usa solo d’estate, e tanti sono gli appassionati curiosi di provare queste bici nel loro “habitat naturale”.